"Sembra che denunciare di esagerazione e allarmismo la comunicazione del fenomeno del coronavirus significhi invitare le persone a non rispettare le normative del decreto ministeriale. Come se l'efficacia del decreto andasse di pari passo con la comunicazione che ne danno i mezzi di informazione.
Ciò che vale per ogni forma di comunicazione quotidiana vale a maggior ragione per una comunicazione mediatica: che comunicare è "selezionare" cosa raccontare, le parole con cui raccontarlo e il modo di farlo (che può andare dalla struttura sintattica di un discorso alla frequenza della sua ripetizione). Anche l'appello a dati matematico-scientifici è una forma di comunicazione che nasconde dietro una apparente oggettività del dato i criteri relativi di decisione, perché relazionati a ciò che si sta cercando.
Se un modo di raccontare viene criticato perché mira alla produzione di timore, e se questa critica non può essere accettata per salvare l'osservanza di un decreto, ecco qui stabilita l'equivalenza, terrificante, tra paura indotta e rispetto delle regole, e soprattutto tra comunicazione e potere."
Un ottimo post da iconicon.it, che offre interessanti punti di vista sulle principali tematiche 'alternative' della rete. Esorto a tutti di leggerlo, ma consiglio di mantenere un atteggiamento 'positivo' durante la lettura. Infatti se lo scorrerlo causasse i soliti pensieri 'nulla può mai cambiare' o 'piove sempre sul bagnato' che tutti noi abbiamo almeno una volta espresso, l'inevitabile conseguenza sarebbe un atteggiamento rinunciatario e disilluso, che non farebbe altro che portare acqua al mulino di chi, anche diffondendo notizie, non vuole il cambiamento. In tal caso consiglio di non concentrarsi sul 'mondo esterno' ma guardare al proprio interno per espandere la propria consapevolezza, che è poi l'unico vero risultato di tutto questo polverone. Potrebbero essere di ausilio le sezioni 'Il cambiamento' e 'Video' del blog. Ecco il post di iconicon: E intanto la grassona continua a cantare… : In riferiment
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